LD3 Relazione di progetto Presentazione di progetto Bibliografia

Introduzione

Nel 2003 il totale della popolazione mondiale dei profughi si è attestato a venti milioni e seicentomila.
La maggior parte di questi si trova in Asia (5.8 milioni) mentre il solo Afghanistan ospita un terzo di tutti i rifugiati al mondo.
Nello stesso anno sono stati registrati dall’ UNHCR, l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati, 290.000 profughi.
La maggior parte dei profughi non riceve lo status di rifugiato ed è quindi escluso dal diritto all’assistenza internazionale.
Il 40 % dei rifugiati censiti vive in campi profughi.

Fonte: UNHCR statistical year book 2001

Se le cause che generano questi movimenti di popolazioni sono varie, dagli eventi geopolitici alle catastrofi naturali, il loro manifestarsi è sempre molto veloce e richiede un intervento pronto capace di fronteggiare le necessità e le conseguenze dovute a tali spostamenti di massa.

Nel 1951 con la creazione dell'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR) nascono i primi grandi interventi coordinati internazionali di aiuto e soccorso: gli interventi durante le guerre di indipendenza nord-africane nel 1962 e quelli nel Bangladesh del 1971.

Fonte: UNHCR world's refugee 2002

Negli stessi anni i paesi industrializzati affrontano la ricostruzione post bellica ed, in Europa e in Giappone particolarmente, il problema abitativo è una della priorità sociali e tema di dibattito degli ambienti culturali.

Nasce così una discussione trasversale sul tema abitare minimo che vedrà architetti, designers, sociologi confrontarsi attraverso trattati e progetti in un ventennio progettualmente particolarmente intenso. Significativi sono: il concorso internazionale Misawa Homes (Tokyo 1970), la mostra di Emilio Ambasz Italy, The new domestic landscape (New York 1972), il congresso Habitat di emergenza (Madrid 1975), i concorsi Residenze temporanee ( Italia 1976) e Abitazioni per il soccorso dei senza tetto (Svizzera 1980).
Nel 1981 il SAIE di Bologna dedica una grande mostra al tema degli interventi di emergenza. Dal 1982 per quattro anni viene organizzata, prima a Ginevra, poi a Washingtown e Barcellona, Emergency mostra convegno delle organizzazioni internazionali della protezione civile (OIPC) in collaborazione con Croce Rossa e Red Crescient.

Contemporaneamente negli Stati Uniti dove il concetto di mobilità travalica la prefabbricazione e arriva al concetto della non permanenza, il mito della mobile home è fortissimo: 500000 unità prodotte all'anno, metà delle nuove residenze abitative in tutto il paese. E' anche il momento della scelta di una vita al di fuori dei canoni della società e di rifiuto della autorità che produce, nella fondazione delle prime comuni, singolari risultati come Drop City, la città costruita nel 1965 vicino a Trinidad in Colorado facendo uso integrale delle cupole geodetiche di Buckminster Fuller.

In questo contesto si sviluppano le proposte progettuali per abitazioni temporanee, rifugi d'emergenza, installazioni mobili, edifici a prefabbricazione spinta fino all'inizio degli anni '80, connotate da una forte sperimentazione nelle tecniche costruttive, utilizzo dei materiali e nuove ricerche formali. I risultati però rimarranno per lo più inapplicati anche a causa dell'approccio fortemente radicale ed utopico che intendeva, in molti casi, risolvere tutti questi temi con una unica soluzione di rottura.


Studio e pianificazione dei campi profughi

"L'investimento di capitali in rifugi temporanei di emergenza prefabbricati, specificatamente progettati per essere stoccati ed usati solo in caso di disastri naturali, può solo creare ostacoli maggiori alla risoluzione, anche minima, della fornitura di riparo."

Fonte: Shelter after disaster: Guidelines for assistence, ONU, 1982

Nel 1982 l'ONU pubblica il manuale Riparo dopo un disastro: linee guida per l'assistenza in cui vengono tracciati i punti attorno ai quali deve essere realizzato un progetto di soccorso e assistenza ai profughi. L'analisi dei progetti e delle realizzazioni preesistenti evidenzia l'inadeguatezza delle cellule abitative come erano state pensate fino ad allora, in primis le unità in poliuretano usate dopo i terremoti in Turchia, Perù e Nicaragua, tra 1970 e 1972, da Croce Rossa e OX-FAM.
L'inadeguatezza delle strutture è documentata da una serie di foto che mostrano (Gediz, Turchia 1970) i rifugi progettati utilizzati dai sopravvissuti come magazzini o ricovero per animali accanto a ripari autocostruiti che fungono da dimore temporanee.
Rispetto del background culturale (soprattutto nell'utilizzo di materiali conosciuti) e pianificazione del campo profughi (piuttosto che costruzione) sono i cardini dello sviluppo della ricerca nell'assistenza ai profughi.
L'importazione di rifugi in un'area dal delicato equilibrio socio-economico può compromettere quest'ultimo aumentando le aspettative di un popolo senza che queste possano trovare risposta sia a livello locale che nazionale. I rifugi arrivano spesso in numero insufficiente e con tempi che non permettono il loro utilizzo nella fase più propriamente di emergenza a causa di problemi di logistica e di trasporto. Il loro costo, inoltre, è difficilmente proporzionabile alle funzioni che riescono a soddisfare.
Nell'approccio a tali contesti diventa perciò essenziale un'attenta analisi preventiva ed un intervento sempre corredato da una chiara informazione sulle capacità di intervento e le risorse disponibili sia a breve che a lungo termine.

"Il progetto di un rifugio è consono alla popolazione assistita e fornisce sufficiente confort termico, aria fresca, protezione dagli eventi climatici per assicurare la loro dignità, salute, sicurezza e benessere"

Fonte: Humanitarian Charter and Minimum Standards

Humanitarian Charter and Minimum Standards, anche noto come Sphere Project Handbook, è il risultato delle ricerche di una serie di organizzazioni umanitarie insieme alla Croce Rossa, per definire gli standard minimi nell'intervento umanitario. Pubblicato nel 1998 è il punto di riferimento ad oggi per l'organizzazione e la gestione dei soccorsi ai disastrati.
Integrando a questa base i prontuari OX-FAM (una collana di guide tecniche alla realizzazione delle infrastrutture di un campo profughi) nasce Guidelines for the transitional settlement of displaced populations, lo strumento di Shelterproject.org: il centro di studi "aperto" fondato dall'università di Cambridge, in collaborazione con tutte le più importanti organizzazioni umanitarie, private ed istituzionali allo scopo di creare un manuale completo per l'intervento umanitario: una guida strategica nella cui visione le popolazioni disastrate sono protagoniste della ricostruzione eliminando i problemi di sussistenza così presenti in questi frangenti ed operando in un contesto più rispettoso della matrice culturale locale.

Se l'intervento esterno va limitato al minimo e organizzato sul luogo con l'apporto delle popolazioni autoctone e materiali conosciuti, la fornitura di servizi deve soddisfare unicamente i bisogni essenziali in cui non sono autosufficienti: soccorso medico, fornitura di acqua ed elettricità, ristoro .


Prestazioni di una nuova unità di emergenza e la soluzione container

La priorità in una azione di soccorso è il pronto intervento, per questo ogni servizio deve arrivare a destinazione in breve tempo.
E’ importante perciò prevenire i possibili problemi di trasporto e logistica, ove per logistica si intende la gestione delle unità di emergenza sia prima della spedizione, che al momento del l’arrivo sul luogo del disastro.
Questi problemi sono la prima barriera da superare nell’organizzazione di un intervento umanitario. L’unità di emergenza dovrà essere perciò facile da trasportare e immediata da utilizzare.

Il container è stato utilizzato fino ad oggi come base per buona parte degli studi e progettazioni di elementi preconfezionati che potessero sostituire la tenda, tuttora la soluzione più utilizzata.
Se da un lato tale modulo garantisce standardizzazione dei trasporti, il notevole volume e peso ne limitano l'utilizzo in zone impervie o difficilmente raggiungibili. In alcuni casi è addirittura necessaria la preparazione preventiva dell’area di destinazione con intervento dei buldozer. La soluzione container prevede un utilizzo a medio termine per finalizzarne il costo elevato e rende molto difficile ed impegnativo lo stoccaggio preventivo.


Il progetto: LD3

Progettare una unità di emergenza coincide comunque con l’individuazione della “scatola” che la contiene. Visti questi problemi si è cercato di individuare un nuovo modulo.

L'evoluzione dei trasporti negli ultimi vent'anni ha portato ad un forte incremento dell'uso dell'aereo e delle mete con esso raggiungibili. I voli di linea vengono utilizzati per il trasporto merci oltre che per quello passeggeri ed ogni aereo è dotato di una stiva che può contenere diversi tipi di container appositamente normati nelle caratteristiche e dimensioni dalla IATA (Associazione Internazionale per i Trasporti Aerei ) oltre a mantenere usualmente alcuni vani liberi per trasporti straordinari.
L'unità base di tali moduli è il container LD3, uno scatolato di alluminio molto compatto: 200x160x160 cm.
Questo piccolo volume, grazie alle sue caratteristiche e alle peculiarità del trasporto aereo, può essere caricato su ogni veivolo adatto in partenza, da ogni aeroporto nel mondo, per ogni destinazione senza la necessità di organizzare un trasporto ad hoc, se non per i più brevi tratti terrestri.

Individuato il contenitore, a questo sono state sovrapposte le quattro tipologie di servizio da fornire nell'assistenza ai profughi: soccorso medico, fornitura di acqua ed elettricità, ristoro.
Per rispondere meglio alle necessità di casi diversi, si è pensato di rendere questi servizi indipendenti tra loro ed eventualmente componibili. Il volume del container LD3 è stato cosi’ suddiviso in quattro parti ad ognuna delle quali è stata assegnata una funzione.
Ogni elemento fornisce un diverso servizio come un kit pronto all'uso già al momento dell'arrivo.

E' sufficiente aprire un’unità per ottenere, a seconda dei casi, un centro di pronto soccorso (unità medica), una cucina da campo (unità ristoro), una unità per il pompaggio dell'acqua e produzione di elettricità (unità acqua ed energia elettrica) già operativi. Il centro di primo soccorso e la cucina da campo possono essere collocati in strutture esistenti o montati all'interno di un proprio rifugio (unità tenda) studiato per completarli (un tetto per l'ospedale, una casa per la cucina, un ambiente di aggregazione).

L’indipendenza delle quattro unità permette di comporre un LD3 adatto alla particolare esigenza di soccorso del momento.
Per esempio, in caso di emergenza medica in un contesto in cui le strutture preesistenti sono completamente compromesse, comporremo un LD3 con una unità medica, una unità rifugio ed una unità energia.
Nel caso in cui, invece, bisognasse allestire un piccolo campo profughi, invieremo due LD3 composti da una unità medica, una unità ristoro, tre unità rifugio ed una unità energia (l’unità rifugio in più per la degenza dei pazienti).

In accordo con i più moderni studi sugli interventi di soccorso, il progetto di LD3 non vuole offrire un sistema abitativo di massa, ma piuttosto quel supporto indispensabile ad un’operazione di ricostruzione che vede le popolazioni cooperare attivamente con i soccorritori.
Questi servizi risolvono le necessità di base che i profughi non sono in grado di ripristinare in maniera autonoma.

Insieme le quattro unità identificano un punto d' incontro, un riferimento territoriale attorno a cui ricostruire. Questo luogo diventa idealmente la nuova piazza del villaggio, un centro intorno a cui ruotano le piccole vicende quotidiane che aiutano la popolazione a recuperare il senso di normalità. La valenza di servizio degli elementi dell'intervento acquista così un valore simbolico, pur nella sua identità aliena, senza violentare la matrice culturale locale.
In questo modo l’intervento di soccorso avviene nel rispetto del background culturale esistente.

Il metodo progettuale seguito nello sviluppo di LD3 è stata la sistematica ricerca della soluzione più semplice, del minimo apporto tecnologico, il disegno come servizio e non come stile affinché l’unità di emergenza non sia un esercizio formale, ma l’immagine del servizio che presta.


Le quattro unità che compongono LD3

Unità medica

Unità di supporto medico compatta adatta a soddisfare le esigenze mediche di prima emergenza. Le necessità mediche post-disastro comprendono principalmente interventi di complessità medio-bassa e di assistenza medicale nei quali è decisiva la presenza medica piuttosto che la presenza di una struttura sanitaria completa (fonte: Emergency). L'unità è fornita dell'equipaggiamento di emergenza sanitaria in dotazione ad una moderna ambulanza.

Equipaggiamento sanitario: barella spinale con materiale per immobilizzazione, stecche bende, materassino a depressione, saturimetro, materiale per immobilizzazione, collari cervicali rigidi, estricatore KED, impianto di distribuzione ossigeno a tre punti, impianto di aspirazione, collari monouso per eliambulanza, defibrillatore, ventilatore polmonare, strumentazione per test glicerina, aspiratore portatile, bombole portatili ossigeno, zaino di primo soccorso, set infettivi, set ustioni, set reimpianto arti.
Equipaggiamento funzionale: zaino per scasso, barre luminose stroboscopiche, frigo-termos, faro di ricerca portatile.
A questi si aggiungono un lettino da ambulatorio, una lampada scialitica, ripiani di lavoro, un serbatoio per l'acqua, una batteria per una riserva energetica indipendente.

Unità ristoro

Cucina da campo autosufficiente, dotata di una propria riserva di combustibili, acqua e cibo a lunga conservazione. I suoi bruciatori possono utilizzare sia combustibili liquidi che gassosi (ognuno dei due è corredato di una bombola per tipo). Il cibo viene cucinato in vassoi per cucine da campo adatti alla distribuzione di pasti su larga scala. Il sistema idraulico può essere connesso ad una fonte esterna, ma è comunque fornito di una propria cisterna e di un sistema di pompaggio a pedale. Completano la struttura due tavolini ripiegabili che, una volta montati, compongono il banco per la distribuzione del cibo.

Unità acqua ed energia

Unità indipendente dotata di apparecchiature per la fornitura, pompaggio e depurazione di acqua ed energia elettrica. La pompa idraulica e un sistema di depurazione per filtri e raggi UV permettono di ottenere acqua potabile laddove i sistemi di pompaggio sono danneggiati, assenti o le fonti d'acqua lontane dalla popolazione. Il generatore che alimenta la pompa può fornire energia elettrica in surplus per l'alimentazione di altri servizi. I pannelli solari contribuiscono alla fornitura di elettricità e ricaricano la batteria di emergenza a generatore spento. Sulla sua sommità, tramite un palo periscopico, è montato un pallone gonfiabile e, al suo interno, una luce a basso consumo. In questo modo l'unità diventa ulteriormente punto di riferimento territoriale ed identificativo della fornitura di servizi alla popolazione, rimanendo facilmente individuabile in ogni situazione meteorologica. All'interno del vano tecnico sono ospitati alternatore, batteria, carica batteria, inverter e una serie di cavi e tubature di supporto. Le gambe retrattili ne aumentano la stabilità.

Unità tenda

L'unità tenda è composta da quattro pannelli tra loro montabili che creano una base di supporto autoportante e regolabile in altezza per adattarsi alle diverse condizioni del suolo in cui operare. Ogni pannello è dotato di vani contenitori dove sono ospitati i pali, i giunti e il tessuto necessari per montare la struttura della tenda, materassini e coperte. Il montaggio avviene per incastro senza l'ausilio di nessun attrezzo. Al suo interno possono essere collocati a loro volta l'unità medica (a creare un piccolo centro ambulatorio/pronto soccorso) o l'unità ristoro (a creare una cucina da campo/centro di distribuzione dei viveri). La base autoportante permette un isolamento da terra igienico e funzionale ad una resa termica migliore, oltre ad elevare la percezione della tenda agli occhi di chi ne farà uso. Il tessuto utilizzato è ottenuto dall'accoppiamento di un materassino di materiale isolante, un foglio di alluminio ed un tessuto di cotone che creano una camera isotermica che eleva significativamente l'isolamento della tenda, mantenendo più agevolmente una temperatura interna adeguata, anche in assenza di un impianto di riscaldamento ausiliario. La struttura portante dei "pannelli" è realizzata da profili di alluminio, tamponati da pannellature di bencore (un supporto strutturale superleggero, isolante, fonoassorbente ed impermeabile). Sugli stessi profili, tramite un innesto in acciaio si inseriscono i tubi in PVC che compongono la struttura della tenda e i piedi di supporto della struttura in acciaio. Le aperture sui lati, permettono di trasformare la tenda da rifugio a centro di distribuzione di viveri, medicinali, o altro.


Consulenze progettuali, fornitori, produttori:

Per l'equipaggiamento dell'unità medica:

  • Reparto di Pronto Soccorso dell'Ospedale di Mestre (VE)
  • Emergency
  • Ferno Washington Italia, articoli ed apparecchi per medicina
  • Gima, articoli ed apparecchi per medicina

Per l'equipaggiamento dell'unità ristoro:

  • Elettromeccanica Carra / Karcher, cucine da campo a moduli

Per l'equipaggiamento dell'unità acqua ed energia:

  • Axane, sistemi energetici a base idrogeno
  • Himoinsa, gruppi elettrogeni
  • Mastervolts, sistemi energetici
  • Westerbeke, gruppi elettrogeni
  • Lowara, pompe idrauliche

Per l'equipaggiamento dell'unità tenda:

  • Ferrino High Lab Mountain Test
  • Bencore

Link > Bibliografia


info@ld3.it ©tommaso corà